Grace
Tommaso Giartosio
Torno a casa e non le trovo da nessuna parte: ne' in camera da letto,
ne' in bagno. Poi sento dei rumori, apro la porta del salotto e sono tutte
e due sdraiate li' per terra, che armeggiano sotto la vetrina. Spunta
Grace, mi fissa come una bambina testarda, sorride e indica un deposito
di segatura per terra:
- Ancora due giorni e qui tutto mangiato, fine!
Mi inginocchio accanto a lei e le carezzo la gola del polso, dove la pelle
e' piu' morbida. - Sei gentile, ma guarda che non stai piu' nel paese
dei bingo bongo. Questi sono normalissimi tarli, mica termiti giganti.
Che ci state mettendo, comunque?
Mi passa una bottiglia. Ammoniaca. Be', non e' poi un'idea del cazzo,
solo non vorrei che si facessero male. - Basta, venite fuori. Vi vedete
una cassetta.
Qui saltano all'occhio le differenze. Grace capisce e si alza subito;
Ludmila si impunta. - Io pagata. Io lavora.
- Ludmila: lo vedi che non capisci proprio un bel cazzo di niente? Tu
pagata? Si', da Graziella, visto che vai a pulirle casa. Qui invece
sono io che ti do' da dormire e ti metto in regola, percio' tu pagante,
come tutti gli altri prima di te.
- E pulire per te? Cucinare? Chi fa questo tutto, Pushkin?
- No: tu e Grace. E infatti non pagate l'affitto. Ma per la regolarizzazione
mi dovete ancora millecinque ciascuna. Se credi di rimborsarmi con degli
extra tipo ammazzare quattro tarli, ti sbagli, bionda. - Falsa bionda,
penso.
- Basta. Noi bisogna lavorare, bisogna soldi!
- Benissimo. Andate pure. Vi esorto all'iniziativa privata, vi benedico.
Buona ricerca. Alle otto e mezza la cena in tavola, altrimenti vado in
prefettura e ritiro la domanda.
Saltano su, corrono in camera, ma le sento discutere e trenta minuti dopo
e' solo Ludmila a uscire di casa, tutta tirata a lucido, furiosa d'intraprendenza.
Grace resta in cucina con quella sua aria da prima della classe perplessa
e un po' triste.
- Trovera'? Io non credo, - dice.
- Lavoro magari si', ma qualcuno che le firmi i documenti
Io ne
sarei contento, eh! Le abbuonerei anche il mio rimborso spese; la parte
che ancora mi deve, diciamo. Ma non succedera' mica. E poi se deve trovare
chissa' chi, magari mettersi nei guai
tanto vale restare a lavorare
da Graziella. Essere prudente.
- She is a good girl. - Ogni tanto Grace scivola in questo inglese
da missionari, buffo su quelle sue labbra vispe e soffici come due ragazzine
sdraiate fianco a fianco.
- Gud, gud, come no. Ma la cosa importante, per voi, e' di avere trovato
uno come me che pensa a voi e vi mette in regola tutte. Perche' non lo
incontri mica tutti i giorni uno che corre questo rischio.
- Abiamo grande culo, - fa; e vedo che ride.
- Quando vuoi, la porta e' quella, sai, - dico meta' serio meta' no.
Grace si spaventa subito. - No no: parola me fa ridere, parola!
- Gia', dev'essere strano. Chissa' cosa s'immagina: forse un grandissimo
culo a capanna, pieno di gente come loro che si ripara tra le chiappe
per riscaldarsi. Un culo simile al suo, meraviglioso, a quattro stelle
con l'idromassaggio.
L'idea mi elettrizza.
- Senti un po', bionda
- Si e' ossigenata per davvero, due giorni
fa, e le negre tinte sono la bellezza intelligente. Mi sa che ha davvero
cervello, Grace: vuole cose semplici e non si fa problemi: le strizzo
una tetta e anche oggi ci sta: me la tiro in camera.
Ale' ale' ale' ale'.
- Non ve la dovete prendere se ci guadagno qualcosa, - le dico poi, a
cose fatte, tanto per fissare il concetto: - che ho anch'io le mie spese.
Si tira su nel letto, le tette sbucano fuori come foche dal ghiaccio,
le copre, le scopro, lei lascia correre. E' seria. - Tu buono. Aiuta tutti.
Pero' chiede troppo: you have no idea, my friend.
- Tremila euro, non e' la fine del mondo.
- Quando io partita, tutta mia famiglia venduto tutto. Tutto tutto! Avuto
tredicimilacinquecento euro.
- Grazie! Al vostro paese quella era una fortuna, qui no.
- Ma distanza non e' fortuna. E' sfortuna.
Non mi ha capito, credo. Segue dei pensieri suoi. Sospira, poveraccia,
vai a sapere di che cazzo. Poi mi lascia di stucco esclamando:
- Ah, Mario! Toro! Buchi!
- Ma che dici? Chi e' Mario?
Si accorge che ci sono anch'io: - Scusa me. Sono nomi nigeriani. Nomi
di donna. Nomi di mie amiche di college.
- Mario, una tua amica?
- Eh. Molto bella. Anche Toro, Buchi, Simi, Funmilayo, Anunu
Belle.
E molto brave studenti. Good grades.
Buona questa. Che la mia Grace venga da una famiglia di pariolini della
Nigeria?
- Mio padre Fulani lui ricco, potente. Con tanti uomini suoi, in tutta
campagna. The big man in our district. Lui aiuta tutti. Uomo arriva,
uomo senza nessuno? Lui da' mangiare, da' lavorare, da' stare. Cosi' uomo
dice: "Io uomo di Fulani." E donna, uguale.
- Ho capito: li metteva tutti in regola.
- Si' si'! Proprio si'. Lui molto grande uomo, tiene tutti in casa con
lui sempre.
- Pero' ti ha lasciata partire, il pezzo di merda.
- Ma poi tutto male. Long story is no story. And I cannot say it all.
Mio padre fatto sbaglio, mandato via uomo suo. Cattivo onore e' come termite,
mangia tutto. Allora poveri, molto poveri, allora raccolti soldi partire.
Allora sono qui. Con te. In love. - Poi mi abbraccia in un modo che fa
sentire che quello che faccio, nonostante tutto, e' ben fatto.
Ludmila rientra sbattendo la porta e gridando "Trovato niente!".
Grace subito si stacca. Mi guarda seria. Lo so a cosa pensa. E' lei che
non sa a cosa penso io!
Quelli che arrivano qui restano a dormire qualche notte. Appena possibile
firmano il contratto di lavoro e poi, con l'aiuto di mia sorella, trovano
alloggio e lavoro (quello vero) altrove. Ma Grace intanto ci ha fatto
amicizia, soprattutto con le ragazze. Parlottano fino a tarda notte, si
scambiano vestiti, cucinano. E anche lei, ora, si aspetta da me un aiutino
per il lavoro.
Il momento della firma noi lo rendiamo sempre un po' formale: perche'
loro capiscano che anche noi ci esponiamo, e poi per ammorbidire il pagamento
con un po' di baldoria. Be', anche li' c'e' sempre Grace, che ha preparato
una torta al cioccolato per Yunar o Stella o Florencia e taglia le fette
con gli occhi bagnati. Cosi' ora mi chiede: perche' per lei non ho fatto
ancora niente? Quand'e' che le trovo un posto?
Io le spiego che qualcosa per lei ci sarebbe, ma occorre firmare un altro
contratto: quello di matrimonio. Perche' io ho deciso di sposare solo
una personcina, come dire, veramente pulita.
- Anch'io - dice piangendo quando l'ha capita. - Tu pulito pulito!
Da li' le cose vanno come sempre. Mia sorella non e' d'accordo, e Ludmila
ha sbalzi di entusiasmo e di invidia feroce, ma in un modo o nell'altro
arriviamo tutti attorno al tavolo delle nozze. Quello nostro, perche'
Grace ci tiene: pranzo di nozze in casa, cucinato da lei con Ludmila e
Stella, e invitare anche tutte le compagne di ventura - Yunar no perche'
ora vive a Bologna, pero' Bessie e Florencia e altri nove o dieci di cui
non ricordavo certo i nomi, anche se in qualche scaffale figuro ancora
come loro datore di lavoro. Poi piano piano mia sorella e papa' e Ennio
e Stefano se ne vanno, con i soliti scherzetti del cazzo, mentre gli altri
la tirano tanto in lungo che prendo da parte Grace e le dico, insomma,
forse a quest'ora gli sposini vorranno restare soli
- Si' si'! Andiamo! - e come se non avessimo la casa piena di ospiti mi
tira verso la nostra camera. Cadiamo sul letto, nel buio, scalciando via
le scarpe, strappandoci i vestiti come quando a luglio rientri in casa
fradicio di sudore. E ci baciamo, e lecchiamo, e impastiamo, e rotoliamo,
e rotoliamo - e non capisco come facciamo a rotolare tanto. Cosi' accendo
la luce. Attorno al letto sono stati montati altri sei strapuntini, tutta
la camera e' un grande letto circondato da sottili corridoi ingombri di
borse e sacche che non sono ne' mie ne' di Grace, ma che mi pare di avere
gia' visto in giro negli ultimi mesi.
- Sorpresa! Ora grandissimo onore per te! Tutti messinregola vivere in
casa con noi, fare onore! Tu bene ricco, noi basta poco. Anche altra stanza
otto letti.
- Tu sei matta, Grace
Se ne devono andare
- Zitto zitto: se andare via, polizia sapere, cattivo onore per te no?
- Non puoi farmi questo
- Zitto zitto. This is a happy ending. Ora bisogna pensare. In
cortile piantare albero per cenare, per parlare cantare notte, tutti insieme.
Io adesso fa mangiare, tu decidi. Qui da voi acacie piccole strette basse.
Forse nespolo? Forse ulivo?
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