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ACCATTONE cronache romane - 05/04
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Tor Sapienza

Michelangelo Cimino

Proprio ora che avevo deciso di mettere radici, mi sono ritrovato ad abitare a qualche centinaio di metri da un Self Storage: simbolo post-moderno della precarieta' e del nomadismo esistenziale. Incrociare quella elegante costruzione a moduli di un bell'azzurro acceso, ogni volta che percorro via Collatina, mi da' la sensazione che il mio passato di solitario, malinconico e sognatore, sia riacciuffabile ad ogni istante. C'entreranno pure gli effluvi di luppolo che l'adiacente fabbrica della birra Peroni immette continuamente nell'aria: fatto sta che, a ogni passaggio le speranze invece di diminuire, come sarebbe logico, aumentano.
Ho lasciato Citta' Giardino - elegante quartiere a ridosso del centro storico - in seguito alla lievitazione degli affitti e al carovita degli ultimi tempi: candidato ad essere un futuro ceto medio mi sono ritrovato, come tanti, su un crinale inclinato. E per non scivolare fin giu', ho dovuto capire che la mia precaria situazione economica era incompatibile con una decente qualita' della vita cui aspiravo, e che uno spicchio di Roma immerso nel verde, sia pure malato, del Parco dell'Aniene pensavo potesse offrirmi. E cosi', quando la mia compagna ed io, mettemmo timidamente gli occhi su un appartamento in zona Tor Sapienza e, fra mille indecisioni e ripensamenti, decidemmo di acquistarlo, facemmo bene attenzione a scegliere un angolo del quartiere che riproducesse il piu' possibile il paesaggio urbano che avevamo appena lasciato. Ci riuscimmo, e' vero; ma soltanto in parte. Il fascino che emanavano i cortili fioriti dei villini, che ammiravamo durante le passeggiate pomeridiane era ormai un ricordo. Non che Tor Sapienza ne fosse sprovvista: ne offriva una variante, per dir cosi' particolare. Qui, gli spazi antistanti le casette monofamiliari, salvo casi rari, vengono messi a orto. Un segno di praticita' e attaccamento alle cose concrete che mi ha conquistato da subito. E, soprattutto, un segno di fedelta' alle sue origini agro-pastorali - rivelate anche dalla toponomastica. Al civico 109 di via degli Armenti, una targa apposta sulla facciata di una vecchia masseria in ristrutturazione, ricorda che il quartiere venne fondato da Michele Testa: un intellettuale antifascista, che negli anni Venti del secolo scorso, fu il primo presidente della Cooperativa Tor Sapienza per l'edilizia popolare e rurale.
La fisionomia del quartiere, nonostante qualche bruttura di troppo, lasciata in eredita' dai tanti condoni edilizi susseguitisi negli anni, e' rimasta sostanzialmente immutata. Tor Sapienza e' ancora una borgata di villette e palazzine basse, costruite con il concorso di interi nuclei familiari messi al lavoro. Il risultato e' quello di un'edilizia fai-da-te, piuttosto approssimativa, povera e senza fronzoli; e proprio per cio' solida, pensata per durare piu' vite: quella dei proprietari e dei numerosi nipoti e pronipoti, che frequentano le tante scuole elementari, e di calcio, presenti in zona. In tutti i manufatti, piu' o meno grandi che siano, si nota una propensione alla solidita' davvero stupefacente. Non per nulla, le facciate in cortina prevalgono nettamente su quelle a calce.
Il quartiere e' anche un concentrato di contraddizioni. La piu' corposa c'e' l'ho sotto gli occhi dalla mattina alla sera: una villa bifamiliare di enormi proporzioni - anch'essa in cortina - che definire sontuosa e' poco. Le dimensioni esterne sono esagerate; gli spazi interni me li immagino vasti e ben curati. Ma rimane un corpo irrimediabilmente isolato rispetto al resto del quartiere. Il sospetto che come tale sia stato concepito, progettato e realizzato e' diventato quasi certezza. Dall'altra parte della strada, un grande complesso di costruzioni in stile moderno, suddiviso in blocchi di notevoli dimensioni, e chiuso da una recinzione in cemento e ferro, occupa un intero isolato. Un paio di questi edifici, abbastanza ben conservati, ospitano vari uffici della VII Circoscrizione, una scuola elementare e una quantita' indefinita di nuclei familiari abusivi, cui sarebbe spettata una casa popolare. Pare che l'occupazione sia avvenuta una decina d'anni fa. E continui a tutt'oggi.
Nelle ultime settimane, le famiglie che vi vivono, spalleggiate da Disobbedienti e no global, hanno tentato a piu' riprese di occupare appartamenti lasciati liberi da altre famiglie indennizzate dalla Tav (la societa' per azioni interamente controllata dalle Ferrovie dello stato e costituita, nel 1991, per la progettazione dell'Alta velocita'). Un recente tentativo di occupazione di due appartamenti al piano terra di un edificio in via Angelo Morelli e' stato stroncato sul nascere. La gente che abita sul posto ha riferito che le operazioni di dissuasione sono state brutali e a tratti drammatiche. Un dedalo di viuzze intitolate a sconosciuti paesaggisti, dalla tavolozza fine e delicata, e' stato brutalmente sventrato da un gigantesco sarcofago di cemento armato. Il trascorrere del tempo e una manciata di danari penseranno a placare gli animi e le coscienze.

L'alternativa alle occupazioni degli appartamenti a piano terra, situati a pochissimi metri in linea d'aria dai binari dell'Alta velocita', sarebbe stata l'ottenimento di un bicamere nelle vicine case popolari. Superato viale Giorgio De Chirico, appena dietro un medio supermercato, lo sguardo viene intercettato da enormi quinte variopinte: sono i palazzoni delle case popolari, che nascondono alla vista la discarica di via Gino Severini: un cumulo di terra sotto cui - si dice - viene sepolto di tutto. Basta pagare. Chi ha avuto la ventura di abitare in quei giganteschi dormitori in gesso e cemento, li descrive come luoghi di estrema solitudine e degrado. Non un bar, un negozio di generi alimentari, un tabaccaio a spezzare la monotonia di un paesaggio con vista sulla discarica, in cui nulla e' pensato per rendere meno triste l'esistenza. Se non quelle ridicole chiazze di colori che punteggiano le facciate dei palazzi.
Alle prime ombre della sera, pero', un florido commercio di carne - che crea un'impropria concorrenza con il vicino macello - trasforma come d'incanto le strade ingombre di plastiche e rifiuti, che circondano la discarica, in scintillanti boulevard del sesso a pagamento: decine e decine di transessuali seminudi offrono i propri corpi giunonici, e perfettamente modellati dalla chirurgia estetica, per pochi euro. Il successo dell'iniziativa autoimprenditoriale e' assicurato dalla presenza giornaliera di centinaia e centinaia di clienti. E di un posto di ristoro ambulante, che ogni notte sosta nei pressi di viale Palmiro Togliatti. Da quel punto, il venditore di panini con la porchetta, e prelibatezze varie, riesce a soddisfare, contemporaneamente, le esigenze delle lavoratrici del sesso, dei clienti di queste ultime e di quelli, non meno numerosi, di alcune ragazzine che nottetempo si radunano in una vicina piazzola dell'autobus. A giudicare dal loro abbigliamento, le diresti sedicenni e diciassettenni che aspettano l'autobus per andare a trovare un'amica. Hanno tutte cappottini corti e logori, borsette anni Settanta e scarpe da ginnastica fuori moda. E' verosimile che l'organizzazione criminale che le gestisce abbia scelto un basso profilo per dare il meno possibile nell'occhio.
A poche decine di metri dai tuguri in legno e lamiera dove si consuma in fretta l'amore mercenario, si erge, incongruo e solitario un cilindro in cemento armato di notevole altezza e diametro. E' un serbatoio d'acqua che serve a lavare il sangue delle bestie uccise nel vicino mattatoio. Ai piedi di questo gigante corre, incuneato fra un campo nomadi e via Collatina, il lungo serpentone dell'Alta velocita' - che attraversa tutto il quartiere e arriva fino al ponte di Tor Sapienza: un punto strategico per la viabilita' della zona, spesso occupato dagli abitanti del quartiere, no global e Disobbedienti per protestare contro i disagi provocati dai lavori dell'Alta velocita'. Qualche centinaio di metri piu' in la', il territorio diventa dominio incontrastato della locale associazione commercianti. Un farmacista col piglio del capopopolo organizza la rivolta dei negozianti contro la decisione del presidente del municipio di chiudere al doppio senso di marcia via di Tor Sapienza. Nelle giornate di sole, minaccia di portare in strada ventimila persone: quasi l'intero quartiere. Ma poi, non appena il tempo volge al brutto, si dice sicuro che al piu' presto tutto ritornera' come prima. Voci di strada sostengono che ha gia' iniziato a giocare al gioco del sindaco. Le prossime elezioni amministrative, infatti lo vedranno candidato per la corsa alla presidenza del municipio, sotto le insegne di Alleanza nazionale. Non e' affatto certo, pero', che avra' l'appoggio dei componenti di Impronta sociale: un circolo di destra che ha tappezzato il quartiere di manifesti per informare la popolazione sulle iniziative promosse in dieci anni di attivita' (1994-2004). La piu' significativa e' senz'altro quella della raccolta di firme contro il degrado del quartiere.
Una immaginaria linea retta, che taglia in lungo Piazza de Cupis, separa le rispettive zone di influenza. Da un lato, no global, Disobbedienti e un Comitato di cittadini dal nome vagamente inquietante: Frontisti dell'Alta velocita'; dall'altro commercianti e associazioni, cattoliche e laiche, sportive, istituti scolastici, inferiori e superiori: mondi distanti anni luce, che pur di non parlarsi preferiscono ignorarsi.

Via di Tor Sapienza e' una strada di periferia affollata di negozi e intasata dal traffico. Il grosso della vita pubblica di quartiere si svolge qui: fra le poche decine di metri che separano la parrocchia dedicata a Santa Maria Immacolata e San Vincenzo de Paoli e il gigantesco edificio delle scuole elementari. Oltre questi presidi non c'e' che la monotona teoria di pizzerie bar macellerie parrucchieri per uomo o donna (tanti, troppi), inframmezzata da colorati manifesti di Azione giovani, che riproducono alcune frasi di un Canto patriottico del pittore futurista Giacomo Balla. Seguendo i negozi si incrocia da un lato il traffico perenne di via Collatina e, dall'altro quello di via Prenestina: le due grandi arterie che delimitano ad Est e Ovest l'ex borgata.
Un paio di chilometri piu' a nord, in via Longoni - uno stradone a sei corsie che collega Collatina e Prenestina - sorge il Policlinico Campus Biomedico: una struttura universitaria privata in cui lavorano, in maggioranza, seguaci dell'Opus Dei: uomini e donne che aspirano a raggiungere la santita' mediante il raggiungimento dell'eccellenza nel proprio lavoro. Sembrano persone molto probe e motivate, che improntano la propria esistenza alle regole di una religiosita' molto tradizionale, priva di complicazioni intellettualistiche. Quasi ingenua. Il loro idolo e' San Jose'maría Escrivá de Balaguer: un santo molto discusso e amato. I locali che ospitano l'universita' sono stati presi in affitto dal Rome American Hospital: una clinica per degenti danarosi. Ma e' una sistemazione provvisoria, a cui presto verra' posto termine. A Trigoria, infatti, e' in piena attivita' il cantiere per la costruzione di una struttura di proprieta' - che sorgera' su alcuni terreni donati da Alberto Sordi. Costo: 245.000.000,00 di euro.
Ai bordi di via Collatina, altezza via Longoni, stazionano tre cani: due pastori abruzzesi bianchi a macchie beige e un meticcio nero e marrone. Li si vede gironzolare sempre nello stesso punto. Ma perche' abbiano scelto di vivere in un posto cosi' degradato e trafficato e' un piccolo enigma. Un giorno ne ho notato uno allungato sul ciglio della strada: sembrava una carcassa abbandonata, cui i camion e le macchine scaricavano sul viso i loro scarichi puzzolenti. Solo dopo qualche tempo ho realizzato che il pastore abruzzese creduto morto in realta' stava solo dormendo.
Superata una discarica a cielo aperto, due grosse signore sostano all'imbocco della rampa di via Longoni che immette nei locali dell'universita'. Sono sempre le stesse da anni e adescano i camionisti diretti verso l'uscita del Grande raccordo anulare. Ogni tanto sento il bisogno di parlare con loro: almeno per sapere come procede la convivenza con i tre cani e se gli affari ne risentono. Ma purtroppo non e' piu' possibile: l'arrivo in massa di travestiti e transessuali le ha costrette a trasferirsi in un altro inferno.

 
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