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ACCATTONE cronache romane - 05/04
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Documento: 20040330 01813 ZCZC0197/SXB R CRO S0B S41 QBXL A 13 ANNI IN ITALIA DA ROMANIA PER GRAZIE A VOLONTARIA IL GIOVANE RINTRACCIATO NELLA ZONA DI FROSINONE (ANSA) - FROSINONE, 30 MAR - Trovato insieme alla madre e a una sorellina mentre, a Natale, chiedeva l'elemosina nella zona di Frosinone, un rumeno di 13 anni era stato accudito dalla Caritas. Ora il ragazzo ha viaggiato dalla Romania all'Italia per ringraziare la volontaria. La polizia lo ha poi affidato a una casa famiglia di Frosinone in attesa di rimandarlo dalla madre in Romania. (ANSA). J04-SEB 30-MAR-04 13:21 NNNN

La strada del fringuello

Giorgio Cappozzo

Ci si mette d'impegno, Vera. Con i reni ancora doloranti si arrampica sulla scala che poggia sull'armadio e con la mano batte il piano più alto a cercare un foglio. Scende, assesta la sedia che ha una gamba marcia e si siede. Tra la carta bianca e la lampada c'è un bicchiere con del distillato; la luce riflette sulla pagina una curva verdastra che Vera ricalca con la penna: un irreale sorriso luminescente. Aggiungi due occhi e un naso e sembra il viso di Irina, cinque anni, che dorme con la bocca spalancata, incastrata tra le braccia del fratello Nicolaj, undici anni. Il letto copre metà della parete opposta al tavolo. È una casa monolocale con un piccolo cesso, chiuso da una leggera tenda di panno grigio. Le pareti sono affumicate. Vera risale sulla scala, prende un foglio nuovo e scende ripromettendosi di non scarabocchiarlo. A ogni sforzo i reni bruciano e la vista si annebbia.

È una cosa seria, quella che sta per fare: scrivere una lettera per Nicolaj che domani fuggirà da Dej, il paese in cui vive con la madre e la sorella, per raggiungere Roma, o giù di lì, nascosto nel camion di uno dei trasportatori che, dalla Transilvania, porta il macinato sui banchi del santo Vittorio. La notizia è arrivata in qualche modo a Vera che non ha ulteriormente indagato. Qualunque sia il motivo, è chiaro che Nicolaj ha nostalgia di Roma, e non lo biasima. Il ragazzino pensa di darla a bere a tutti e non sa che la madre sa e che ha il cuore in gola per l'ansia. Fuori piove e questo non la solleva perché è una di quelle piogge che potrebbe durare per giorni, suppone, una pioggia che non cade da nuvole, che poi vanno via, ma da un enorme cielo grigio, senza spiragli. Un cielo grande quanto il continente. Le mani di Vera sudano e il naso gocciola. Infila la mano destra sotto la manica sinistra e tira fuori il fazzoletto; lo apre, si soffia il naso, ne osserva il contenuto, lo ripiega e lo nasconde di nuovo nel braccio. È un'operazione che Nicolaj trova irresistibile. Deve vederci della magia nel fazzoletto che compare e che scompare, con il suo carico di muco. C'è qualcosa di lurido in quel gesto, e di rassicurante. Questa piccola considerazione privata rimette in moto la mano di Vera, che scrive:

'Nelle ore di viaggio cerca di dormire il più possibile e di non fare rumore. Sarà una lunga traversata, anche più lunga di quella che facemmo insieme. Il camion arriverà in un posto che sicuramente riconoscerai: è una grande piazza con tanti autobus e uno stradone alto alto retto da lunghe colonne dove sotto ci dormono e dove ci abbiamo dormito anche noi una delle prime notti. Cerca l'autobus numero 490, salici sopra e aspetta che parta. Se qualcuno ti chiede il biglietto, e questo vale per tutte le volte che prenderai un autobus, dì che non capisci e che sei rumeno. Dì la verità, insomma. E che non puoi scendere ché c'è tua madre che ti aspetta. Questo non è vero, però è una bugia che puoi dire, ma l'unica. Vai dall'uomo che guida e chiedi della regina margherita. Sarà lui a indicarti la fermata. A quel punto scendi e ascolta quello che ti dico: dopo un po' vedrai passare sulla grande via un tram, che è come l'autobus ma con dei fili sopra e le rotaie sotto. Non ti curare del numero, devi prendere quello che va a destra; quello che, rispetto a dove guardi, va a destra. Sali e chiedi a qualcuno della porta maggiore; è una porta grande fatta con i sassi e colonne. Insieme a te scenderà molta gente, perché quello è un posto importante, e cercherai qualcuno che ti indichi la strada della casilina; è una delle strade che partono dalla piazza oltre la porta. Ce ne sono tante di strade, stai attento, fatti dire bene: la strada della casilina. Cammina lentamente dando le spalle alla porta e facendo attenzione che sulla destra troverai un posto grande con molte luci e con una insegna con scritto B I N G O. Se sei sul marciapiede del bingo, attraversa la strada, altrimenti rimani dove sei e cerca la fermata dell'autobus. Non ti preoccupare dei numeri, prendi il primo che passa e chiedi all'uomo che guida della strada di walter tobagi, che è lunga e sicuramente la conosce. Se ti dice che è un altro autobus, impara bene il numero che ti indica e prendi quello. Quando sei alla strada di tobagi, scendi e comincia a camminare, lentamente e facendo attenzione che le macchine corrono. Lì hai buone possibilità di incontrare gente di Romania e puoi parlare più semplice. E chiedere della strada del fringuello, che è un uccello che canta. Ma tu ricordati solo il fringuello e dì solo strada del fringuello. Così poi la trovi e quando la trovi guarda i numeri sopra le porte e cerca il 46 che è il posto dove devi arrivare. Se la porta sotto il numero è chiusa, aspetta lì e non ti muovere. Se è aperta, entra e chiedi di Michela. È un ristorante di Romania e puoi parlare più semplice. Chiedi di Michela che viene da Sibiu, come il tuo amico Anton. Loro capiranno e sarai al sicuro, e potrai anche mangiare che fanno delle cose buone. Poi chiamami al numero che ti ho segnato. Fallo, ti prego fallo, e fatti aiutare da Michela o un altro. Nella borsa ti ho messo del pane, una bottiglia d'acqua, le calze e il maglione. Non perdere niente, che non hai altro. Cosa dirti? Un giorno, amore, mi spiegherai. E mi porterai con te.'

Vera piega il foglio in due e lo appoggia sulla borsa. Poi, intreccia le mani in preghiera e ci appoggia il mento sopra.

Quando Vera si sveglia è l'alba, e il gelo all'alba arresta il tempo, il grano e il sonno. Ruota il collo lentamente, mantenendo il resto del corpo fermo e come tramortito. Con lentezza gira gli occhi verso la finestra che dà sul cortile. E poi verso la strada che da lì si dirige verso la via asfaltata, già trafficata. Con una calma inaspettata muove gli occhi a cercare la borsa per il viaggio, che non trova. Senza attendersi nulla, per semplice riflesso, ma solo per questo, porta lo sguardo sul letto dove, la sera prima, dormivano i due figli; stringe i denti e chiude forte le palpebre. Quando le riapre, lo sguardo è uno sguardo d'odio che dura poco, ma dura. Come dura la pioggia nel cortile che non ha mai smesso di cadere né qui né sulla carta geografica che la mente di Vera ha disegnato e ridisegnato per l'intera notte. È la stessa insistente pioggia, immagina, che cade nell'antica biblioteca di Bucarest, sui campi disegnati di Arad, nei palazzoni lunari fuori Lubiana, nelle fondine dei guardiani di Udine, nelle tasche delle giacche dei signori di Treviso, sugli orecchini della capostazione di Ferrara, nei bicchieri del bar di Sesto, nei sacchi neri del quartiere del santo Lorenzo, sull'inchiostro della lettera che ha scritto, cancellandone le previsioni e il senso. Piove così perché non ci sono nuvole ma solo un enorme cielo grigio.
Piove così anche tra le labbra di Vera e la guancia della piccola Irina.

 
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