Per capire quello che e' successo dovreste prima di tutto provare a passare
otto ore a tradurre un discorso ufficiale per la festa del Corpus Domini
in estone o in slovacco. Provateci, e vedrete che alla fine, quando l'ufficio
e' deserto e di fuori la sera da' ai giardini vaticani un'aria pulita
e scialba da clinica privata, nemmeno voi riuscirete a resistere al sito
della Talpa. Un'ora dopo sono costretto a scappare al bagno: sbirciando
nelle altre stanze semivuote vedo qua e la' computer accesi e espressioni
su cui danza il riflesso caleidoscopico della reality tv, mentre la voce
da brava massaia di Paola Perego parla di lei, il folletto con le sise,
fragile e sontuosa nella sua panache finto-Olgiata: Samantha De
Grenet. Un idromassaggio per i neuroni.
E lui? Lui viene ancora piu' tardi, senza avvertire nessuno. Scivola lungo
i grandi corridoi nella sua veste da camera avorio, con la cintura attorcigliata
stretta per il freddo e le mani ficcate in fondo alle tasche, i capelli
scarruffati, l'aria da grosso gnomo indaffarato. A ogni svolta c'e' uno
svizzero che sobbalza sull'attenti e lui strizza gli occhi, sorride piu'
sorpreso di loro e sguscia oltre. Da' le spalle allo specchio dell'ascensore.
Altri corridoi, altri incontri, qualcuno sbianca ma e' sorprendente quanti
non lo riconoscono, e poi e' veloce quando vuole, non ti lascia il tempo
di metterlo a fuoco e sa benissimo dove andare. Ma quando entra e' sfiancato,
si butta su una sedia.
Chiudo subito il riquadro del filmato live. Sento sempre, come la prima
volta, un tuffo di vergogna e di tenerezza. Come se questo vecchio primario
pronunciasse, con la sua sola presenza, una diagnosi implacabile sui poveracci
come me che non avendo nessuno a casa a aspettarli possono indugiare sulla
scheda personale di Samantha che potrebbe essere la Talpa perche'
e' una donna vera e poco scontata, e potrebbe non esserla perche'
idem. Lui comincia a parlare.
Non e' proprio che parli. Sono mezze frasi, accenni, input. Quell'uomo,
oggi
E vuole che continui io, che colga al volo la sua allusione
e commenti gli svarioni dell'ambasciatore lituano che gli si e' rivolto
in un polacco del diciottesimo secolo: Fortuna che una volta ho letto
le Satire di Krasicki, santita': altrimenti non avrei saputo tradurre
neanche una parola. Chi se l'aspettava un simile tuffo nel passato? Lui
ride, un pigolio un po' triste: poi dice, Neanch'io capivo tutto, la
mia lingua, sa, non la padroneggio, non piu', non cosi' bene, quand'ero
studente, allora si', allora si' che, e la fine della frase si perde.
Rimane fermo col mento incollato al petto, cinque, dieci minuti sotto
il neon che ronza, e io non so se pensi ai suoi diciott'anni o alle trattative
per il viaggio in Israele: stringo i pugni, aspetto la prossima frase
come se dovessi tradurla.
E qual e' adesso, fa, ritirandosi su per quanto possibile; stavolta
capisco subito. Il curdo, santita', studio il curdo, partendo dal pashto
non e' difficile, e poi penso che presto potrebbe tornare utile
Forse ho parlato troppo, poteva sembrare un'imbeccata per farmi raccontare
i suoi progetti per l'Iraq, che figura. Ma lui non si scompone, ha gia'
pronta la domanda successiva che poi e' sempre la stessa, e me la porge
torcendo appena il collo verso destra, un gesto che nella sua mimica di
vecchio vuol dire bonaria ironia: Che numero?
Ventinove. Santita'.
Questo lo farebbe ridere a crepapelle ma gli esce fuori qualcosa di piu'
trattenuto. Scrolla le guance e sbuffa e getta dei piccolissimi urli mentre
si passa sugli occhi le dita angolose, dello stesso colore della veste.
Poi piano piano si calma e alza lo sguardo su di me a lungo e sussurra,
Ventinove lingue, cosa se ne fara'
ne basterebbe una
Ha ragione, santita': la lingua del cuore.
Ma scrolla la testa. Cos'ha in mente? Dallo schermo Samantha sembra dire,
con il suo sguardo birichino: questi santi sono curiosi! Picchio
su un tasto, la chiudo.
Oggi era diverso - allegro, agitato, come se ne avesse combinata una
grossa. Ha sentito, mi dice prendendo posto.
Certo, santita'. Ne hanno parlato tutti i telegiornali. E' stata una
buona idea, agli italiani queste cose piacciono. Poi non so piu' che
dire: butto li', Il dialetto va dritto al cuore.
Si blocca. Allunga il collo in avanti. E' proprio cosi'
Da noi
c'e' un detto
Si ripiega chiudendo la mano sugli occhi: ora
ho davanti solo la sua fronte, anzi il suo cranio rivestito di una cartapecora
sottilissima, anzi la sua mente appena velata da una coccia fragile e
da una garza di carne, e mentre cerca di ricordare vedo un lombrico fosforescente
che perlustra faticosamente le sue circonvoluzioni cerebrali, per quanto
ancora? tra quanto? quando verra' l'angelica farfalla? e allora capisco:
sto davvero conversando con un santo. Che ora solleva gli occhi cerchiati:
Inutile.
Cosi' gli dico che non deve preoccuparsi, e' normale, la memoria e' imperfetta,
e lui ormai non ha molti contatti con la sua lingua: me e pochi altri.
Ma lui scrolla la testa, e' scontento, non so se delle mie rassicurazioni
o del ricordo che ancora gli sfugge, e alla fine si ferma e finalmente
mi guarda negli occhi, alza anche le sopracciglia per scostare la cortina
di palpebre: ha le iridi traslucide dei vecchi e al centro due pupille
molto precise, l'effetto e' di uno sguardo lontano e mirato come un tiro
di freccia. Chiede: Ma secondo lei, perche'?
Non capisco. Capisce che non capisco. Allora rifa' se stesso, si esagera:
Daamose daffa'! Voleemose bbene! Parole normali
frasi normali
le usano tutti, e punta l'indice sul monitor, per alludere vagamente
ai mass media o magari in particolare a Samantha, che sta osservando con
orrore - la pelle morbida e scura le si increspa appena - Davide Ricci
che bacia una rana. Politici, cantanti. Perche' ora si stupiscono?
Perche' io no?
Non so cosa mi ha preso. No, lo so: e' stato il "perche' io no".
E io? Perche' io no?
Vede, santita', e' difficile da spiegare. Le parlero' a cuore aperto,
mi scusi se saro' indelicato, ma forse cosi' riusciro' a farmi capire.
Quand'ero ragazzo, non molti anni fa, la domanda che ci ponevamo sempre,
quella che non ci stancavamo mai di esaminare per dritto e per traverso,
era - mi perdoni - se il papa avesse rapporti sessuali con le suore. Ne
parlavamo di continuo, sa. Ci nutrivamo di fantasie in cui lei era circondato
di bellissime novizie con tonache lucide e nere che scivolavano via in
un soffio appena varcata la soglia del suo appartamento privato, immaginato
sullo stile di quelli dei padrini nei film di mafia hollywoodiani, con
un letto a baldacchino cremisi accarezzato da un ponentino che scostava
le tende rivelando, naturalmente, il seno fiorente del cupolone
Forse c'entrava il fatto che lei fosse una papa giovane e forte, che andava
a sciare e si faceva installare una piscina a Castelgandolfo. Ma di certo
la ragione principale era un'altra: avevamo sedici anni, il testosterone
(e' l'ormone maschile, santita') che pompava a mille, e un gran bisogno
di demolire la figura paterna denunciandone l'ipocrisia oppure la debolezza
- infatti alcuni di noi sostenevano, mi perdoni di nuovo, che quell'ipotesi
fosse infondata perche' lei come tutti i preti era solo un frustrato condannato
all'onanismo: come in realta' ci sentivamo noi.
Lei si chiedera' dove io voglia andare a parare. Be', voglio dirle quello
che e' successo poi. Poi siamo cresciuti. Ci siamo accorti che la foia
o l'insoddisfazione che avevamo attribuito ai padri, ai potenti, non erano
come noi le immaginavamo. Non erano quei sentimenti assoluti e indeterminabili
degli adolescenti, ma la normale voglietta e la normale noia di adulti
come noi. E se ancora provavamo rancore verso i potenti, non era per giusta
indignazione o per semplice invidia ma soprattutto per delusione. I potenti
si erano rivelati a conti fatti troppo simili, troppo famigliari, ci avevano
tolto anche il gusto di demolirli per via immaginaria. Cosi' alla fine
ci siamo rassegnati a questa democrazia della banalita', e adesso l'unica
soddisfazione che ci possiamo togliere e' di vederli in televisione e
fare i confronti: visto che ormai questi potenti, sia pure per spettacolo
cioe' per rilanciare il loro potere, devono mostrarsi avvicinabili e quindi
vivere come noi, mangiare schifezze o tapparsi in casa, o anche cantare
canzoni napoletane o danzare in girotondo; ma devono farlo tutti.
Tutti meno lei, santita'. Al posto delle nostre fantasie oscene lei non
ci ha concesso niente. Si', ci sono i concerti rock in Vaticano e il giubileo
dei papa boys, ma in quelle scenografie lei c'e' e non c'e', sorride,
annuisce, magari dondola la testa al ritmo di Bono, pero' resta sempre
un passo piu' indietro. Senza una lingua, come diceva, senza una storia,
senza un'intimita'. Perche' lei e' la lingua e la storia e l'intimita',
cosi' presente, cosi' vicino ai nostri cuori che non ha mai bisogno di
mostrarlo.
Io credo nella Chiesa, santita', perche' salva l'uomo. Salva lei. Fa di
lei un essere superiore, diverso, mi perdoni: disumano. La solennita',
la reticenza, la distanza della Chiesa sono una montagna altissima con
la vetta sempre avvolta nelle nubi. Ma e' proprio per questo che le basta
a volte una schiarita, un gesto di stanchezza, una frase in romanesco
che spezza per un attimo i discorsi scritti con largo anticipo dalla segreteria
apostolica e da me tradotti, basta questo per farci intuire che lei probabilmente
e' un essere umano come noi. Basta l'ipotesi. Basta cosi' poco per amarla,
santita'
Qui mi sono fermato. Tremava. Non era il Parkinson, l'ho capito subito,
e nemmeno la commozione o l'indignazione. Tremava come se cadesse a pezzi.
Uno spettacolo penoso. Poi gli sono uscite queste frasi smozzicate, incredibili:
Ma non e' vero
basta
adesso basta
io voglio una lingua,
voglio parlare
sono come voi
uno come voi
Perche'
non stava zitto? Ma l'indice si e' teso di nuovo come un tentacolo verso
lo schermo: Lei, per esempio
e' cosi' bella
La mia
Samantha splendeva di una luce tahitiana, trionfante, indifferente alla
voce della Perego che annunciava la sua eliminazione.
E' allora che ho iniziato a colpire.