per una eventuale riproduzione dei testi e delle immagini e' richiesta l'autorizzazione dell'editore
home
ACCATTONE cronache romane - 03/04
indice
 
Da "Il Messaggero" martedi' 20 gennaio 2004 - Fortunato il numero 13? Ditelo a Maria. Per lei il 13 gennaio sta diventando un incubo. Una data che la signora Maria Pampanella, 63 anni, depennerebbe volentieri dal calendario. Altro che normali incidenti di percorso, altro che pura e semplice jella. Succede che sempre in quel giorno, da cinque anni a questa parte, e piu' o meno alla stessa ora una disavventura si abbatte, puntuale, sulla poveretta spedendola all'ospedale con contusioni e ferite varie. In cinque anni, tre investimenti sulle strisce pedonali (di cui uno con omissione di soccorso) e uno scippo tramutatosi in rapina . Tutto verificabile, referti medici e denunce alla polizia alla mano.

Cinquantanove gradi sotto zero

Fabio Viola

A volte Sandro mi chiama e fa il robot:
"Unita' SV75 operativa. Primo tentativo connessione remota a unita' CP75 in corso".
A me tocca stare al gioco almeno un po' e in linea di massima sbuffo mentre dico:
"Unita' CP75 operativa. Connessione andata a buon fine. Comunicazione vocale in corso. Ricezione dati in corso".
"Protocollo di richiesta carburante alcolico entro ore 22 inoltrato".
E se ne ho voglia rispondo:
"Protocollo di richiesta ricevuto, elaborazione dati in corso. Richiesta evasa. Esito: affermativo. Luogo d'incontro standard a orario prestabilito. Disconnessione in corso".
E attacco. Altrimenti, come in questo caso:
"Richiesta non inoltrata a causa di problemi di connessione. Riprovare piu' tardi".
E comunque attacco.
Questa volta qui ho un certo rodimento di chiappe. Mia madre e' di nuovo in ospedale, di nuovo investita da un imbecille in motorino che non ha notato il rosso del semaforo. L'anno scorso stessa scena, con lei che urla e strepita non tanto per la frattura del femore destro che avrebbe scoperto di li' a poco, quanto perche' l'investitore aveva preferito non fermarsi e era scappato svicolando verso via di Torrevecchia. Mia madre non aveva fatto in tempo a memorizzare la targa. I testimoni, come sempre timidissimi, non ci avevano pensato. Il poliziotto era a fine turno e non riteneva opportuno sguinzagliare qualche suo collega per tutta Primavalle, alla ricerca di un booster nero con l'adesivo della donna cannone sul parabrezza. E l'anno prima, cazzo, idem, con l'aggravante dello scippo occasionale.
Sandro, l'amico mio, quella sera mi aveva chiamato perche' era passato in rosticceria e mio padre gli aveva detto che mamma era in fin di vita e che doveva starmi vicino che erano in arrivo tempi bui. Mio padre, il sensazionalista. Mio padre e la sua ansia. Papa' mio, una tensione irrisoltissima verso il dramma.
Questa sera non ho voglia di dire a Sandro che per la terza volta in tre anni mia madre e' all'ospedale perche' l'hanno investita mentre attraversava la strada. Non ho voglia di dirgli che ho ricostruito i fatti e ho scoperto che ogni volta accade qualcosa lo stesso giorno. Non ci penso, nemmeno con me stesso, a indagare sull'orario degli incidenti. Se lo facessi scoprirei che nel giro di quei cazzo di quindici minuti tra le 18e30 e le 18e45 del 13 gennaio degli ultimi tre anni mia madre ha rischiato di morire sempre allo stesso modo.
Sandro con una cosa cosi' ci va a nozze e io non lo lascio andare all'altare manco se mi sgozzano. Per quest'anno me lo tengo per me. O magari glielo dico tra qualche settimana.

Sono in cucina che mi nutro di suppli', avanzi della rosticceria. Mia madre ha deciso su consiglio di papa' di restare in casa tutto il giorno per evitare casi strani. Ha fatto molte telefonate, ha finto di avere un po' di febbre, ha passato quasi tutto il giorno in poltrona a leggere vecchie riviste. Quando ho acceso la televisione in salotto mia madre mi ha detto:
"Spegnila immediatamente. Vuoi che muoia?".
Al che io ho risposto, seccato si' ma meno del solito:
"Ah ma', quanto scassi". Il fastidio di subire un ordine a quasi trent'anni.
E lei, secca e petulante, una lagna:
"Non lo sai che i televisori possono esplodere? Davvero sei cosi' ingenuo?".
Ho spento la tv, mi sono costretto a sbuffare con le guance gonfie e sono tornato in cucina. Quando ho acceso il microonde per scongelare qualche filetto di baccala' ho fatto in modo che non mi sentisse.
Adesso sono appoggiato al davanzale della finestra in tinello e guardo fuori. Mentre scruto il cortile condominiale penso a quanto e' complesso il concetto di suppli'.
Papa' torna a casa in leggero anticipo. Dice che ha chiesto a Paoletto di chiudere il negozio che lui non ce la faceva piu' e aveva la tachicardia a stare la' ad aspettare. Io sbuffo di nuovo e me ne vado in camera. Loro non fanno caso a me che faccio le mie rimostranze. Papa' e' in ginocchio davanti a mamma seduta in poltrona e le chiede come sta. Mamma si lascia accarezzare le mani e fa la parte di quella morente.
La mattina dopo quando mi sveglio loro non ci sono. Per quest'anno non e' successo nulla. Il cerchio e' stato spezzato dalla previdenza dei miei genitori. L'ipotesi accanimento del destino e' accantonata.

Sono con Sandro a una festa di compleanno. Sandro sta facendo il robot con una ragazza di Prati che lo guarda come fosse un panda in fin di vita. Io cerco la pagina del televideo con i risultati del girone di andata dei quarti di coppa Italia mentre Carlotta, un'amica dei tempi del liceo, mi chiede dei miei genitori e mi confessa che le piacerebbe rivederli. Io le rispondo in automatico che puo' venire a trovarci in rosticceria quando le pare. Lei sembra sinceramente intenzionata a farlo.
A una certa ora arriva il momento della torta. Lo capisco perche' le luci si spengono all'improvviso ma la tv resta accesa. Ci sono delle urla quando la faccia del festeggiato si avvicina alle candeline. "La penombra rende tutto quasi tenero", sono costretto ad ammettere sottovoce a Sandro. Lui mi fa:
"Informazione non decodificata. Il codice emotivo utilizzato dall'unita' CP75 non e' conforme al protocollo di trasmissione delle informazioni. Inoltro richiesta di rielaborazione concetto in corso".
Non gli rispondo perche' vado a tirare le orecchie al festeggiato che ha guardato verso di me con la faccia dell'aspettativa.
Due giorni dopo sono a casa che mi meraviglio di quanto velocemente sto perdendo i capelli. Uno dei miei propositi per l'anno nuovo era stato farmeli crescere e addirittura allisciarli in caso di boccoli. Ma ne perdo a grappoli semplicemente a passarci la spazzola: e' il caso di desistere.
Ricevo un messaggio sul cellulare. E' di Carlotta. Mi scrive: "ti disp se passo oggi x salutare i tuoi? fammi sapere ciaocarlotta". Non ho credito sulla scheda e la chiamo dal telefono di casa. Le dico:
"Oi Carlotta, ciao. Io bene grazie, tu? Volevo dirti: certo che puoi passare oggi. Ti ricordi l'indirizzo? E che ne so, sono passati anni. Si' la rosticceria e' sempre li'. Ha ha ha, va bene. Occhei dai, vediamoci li' alle otto. Ciao".
Alle otto meno dieci sono davanti alla porta di casa che mi controllo le tasche. Il portafoglio ce l'ho. Il cellulare ce l'ho. Le chiavi ce l'ho in mano. Fa freschetto, e' il caso di prendere lo zuccotto di lana. Esco e tiro su col naso. Ho l'impressione che mi stia venendo il raffreddore. Rientro in casa e prima di prendere una pasticca di zerinolflu effervescente mangio un'oliva ascolana perche' a stomaco vuoto e' meglio di no.
Per strada c'e' traffico. Passo accanto alla mia macchina parcheggiata e noto un'incisione lungo tutta la fiancata sinistra. E' stata fatta con una chiave. Che rottura di coglioni, sara' una milionata di danno.
Dico una bestemmia a mezza bocca e poi sbuffo, sempre sforzandomi. E' inutile restare a guardare la macchina. Mi incammino verso la rosticceria.
In questo preciso istante, credimi, sto guardando il termometro digitale dell'edicola davanti al Gemelli. Segna cinquantanove gradi sotto zero. Non faccio in tempo a ridere che compare la data. Poi l'ora.
Sento un botto, piuttosto forte.

Sono nel cortile dell'ospedale San Carlo con Sandro. Lui fuma e parla al cellulare con sua sorella. Le dice:
"Di' a papa' che non torno a cena. La mamma di Giorgio e' in ospedale. Eh. L'hanno investita. Eh. Niente, stava attraversando e Carlotta gl'e' andata addosso col motorino. Un'amica nostra. Boh non si sa, ma credo nulla di grave, poi boh. Vabbe' tu di' a papa' che non torno a cena. Cia'".
Sono restio a rientrare al pronto soccorso, vedo mio padre che si piange l'anima e un infermiere che lo consola. Gli tiene una mano sulla spalla, gli parla sottovoce per tranquillizzarlo. L'infermiere ha un sorriso abbozzato sulle labbra. Sandro mi fa:
"Mortacci tu' madre, che sfiga…". Starnutisco e poi rientro, sbuffando.

 
home
ACCATTONE cronache romane - 03/04
indice
per una eventuale riproduzione dei testi e delle immagini e' richiesta l'autorizzazione dell'editore