Il sangue
Carola Susani
So di un'altra che si e' svegliata, le hanno detto della trasfusione
ed e' morta sul colpo. Anche a quella avevano cacciato dentro il sangue
a forza. ARh negativo come il suo. Era senza sensi e sola, aveva perso
sangue, aveva anche lei la sua targhetta: 'sono testimone di Geova', ma
a nessuno glien'e' importato niente. Ti prendono quando sei inerme, fanno
di te quello che vogliono. Quando si e' svegliata e gliel'hanno detto,
perche' te lo devono pur dire, ha avuto una violenta crisi di rigetto.
Come uno shock anafilattico. La sua persona, muscoli cuore e il suo cervello
in guerra. Ha fatto quello che poteva, l'unica pace. E' morta. Come quando
una ragazza viene stuprata e resta incinta e abortisce spontaneamente.
Sara' successo tante volte in Bosnia. E' la minor violenza di fronte alla
violenza: mettere ordine con il corpo. Ma e' violenza. Chissa' se Dio
fara' risorgere quella donna quando sara' tempo, insieme a tutte le generazioni
o la lascera' a dormire nell'immondizia eterna. Non si puo' dire: pero'
io propendo per il si'. O lo spero. Il Signore ci fa nuovi.
Hanno fatto la stessa cosa a Teresa, non so se l'ha capito, era quasi
dissanguata e confusa, forse svenuta. Adesso ancora dorme. Quando si svegliera'
e lo sapra' sara' il momento piu' duro, il corpo che si rivolta contro
il sangue. Percio' in quel momento vorrei essere la'. Se fossi stato suo
figlio forse avrei potuto fare qualcosa. Avrei potuto fermarli. Fare rispettare
la volonta' espressa. Hanno riguardo solo per il sangue. Ma non siamo
parenti. E' stata lei che mi ha fermato per strada quand'ero studente,
l'ho insultata a lungo, poi lei mi detto qualcosa che cercavo: 'il mondo
non e' tutto, c'e' un resto, una speranza', e l'ho seguita. Mi sono messo
in questo grosso impiccio. A volte volentieri tornerei al mondo, come
un vegetariano che sogna ossessivamente spezzatini e bistecche, io sogno
ossessivamente violenza: di prendere a calci a morte chi non mi ascolta,
di comprare un'arma e usarla, di strapparmi con le mie mani i denti. Sono
un ragazzo iroso, e' un fatto. Ma noi non rispondiamo alle aggressioni,
Hitler ci ha messo nei campi di sterminio apposta, perche' rifiutavamo
di prendere le armi, di combattere in guerra per lui o per chiunque altro.
Percio' reprimo l'ira, sorrido e resto fermo.
Teresa e' sola e presto avra' paura. Non so cosa si percepisce quando
il sangue estraneo invade il corpo e lega con il tuo sangue e gli organi.
Il sangue corteggia, sfonda e infine si prende tutto come se fosse suo.
Forse lo senti sfrigolare, forse sembra che rida di te mentre ti fa vivere.
Ti prende pure in giro: ora devi essermi grato, su ringrazia. Probabilmente
quando ti assale non senti piu' che un formicolio, appena un po' di spossatezza,
languore. Molto meno del sesso.
Non ci fanno entrare, neanche vederla, prenderle la mano e confortarla.
La proteggono da noi, come se fossimo i nemici. E non e' giusto, neanche
secondo le loro leggi. Io le direi soltanto piano nell'orecchio: non pensarci.
Rimango qui fuori dai vetri, le spalle al muro che si sfarina come gesso.
E' quasi notte. Anche i miei se ne sono andati, hanno le famiglie che
li aspettano. Parenti e amici dei pazienti suonano il campanello ed entrano.
Solo noi non siamo graditi. Mi guardano con un misto d'ironia e disprezzo,
per i vestiti che mi fanno riconoscere. Anch'io mi metto addosso pantaloni
e giacca. Mi sforzo di confondermi con gli altri. Ma resta qualcosa, un'incuria:
la cravatta e' troppo larga, la camicia troppo bianca. Non so piu' badare
ai valori del mondo, ai segni: quanto devono essere larghi i pantaloni,
quali scarpe metterci. Se passano infermieri e inservienti, non riesco
a trattenermi, prendo 'Svegliatevi' e parlo, parlo di Geova. Quelli ringhiano
o sghignazzano: "Che fai adesso, quando si sveglia l'amica tua, l'ammazzi?".
"Dovete andare in galera. Siete assassini". Parlo perche' non
bisogna mai smettere. Perche' e' scritto che non ci ascolteranno ma devono
sapere tutto. Sorrido con tutti i denti, sembro scemo mentre mi sforzo
di addolcire gli occhi: presento la vita gloriosa nel Regno, dove il corpo
non subisce mai piu' colpi, neanche dal tempo.
Dicono che siamo letterali. Che il testo diceva cosi' per dire: 'sangue'.
Intendeva soltanto l'omicidio o al massimo i tagli. Come se su quello
loro fossero immacolati e innocenti. Nessun testimone di Geova ha alzato
le mani sopra un essere umano. Non si puo' dire di loro. Dicono che siamo
letterali, ma il punto e' questo: la creazione e i nostri corpi sono la
lingua per parlare con Dio. La lingua che abbiamo in comune noi e lui.
Non c'e' differenza tra le parole della Bibbia e i nostri corpi. Se non
questa: attraverso il corpo possiamo parlare noi. I simboli servono qui
tra gli uomini. Ma per parlare con il Signore, la parola sono io. Percio'
vietarsi sesso o sigarette, e' un modo per dire a Dio: sei la mia parte.
La questione del sangue sarebbe solo una tra le tante, lo sarebbe se ci
fosse permesso di scegliere secondo la nostra volonta'. Ma i regni della
terra (voi direste credo 'il potere') che volevano prendersi i nostri
corpi per la guerra e hanno fallito, adesso vogliono di nuovo portarci
via i corpi, sottrarli alla nostra volonta', ammutolirci. Di passaggio
devo dirvi che basterebbe niente a far tornare intima, tutta nostra, la
questione del sangue: esiste una macchina per l'autotrasfusione, che qualche
ospedale ha comprato con grandi benefici per i testimoni e anche per gli
altri pazienti, visto che controllare il sangue delle trasfusioni non
e' semplice. Basterebbe. E invece siamo costretti a questa guerra assurda.
Non abbiamo nessuna voglia di morire, nessuna ansia di martirio, solo
vorremmo decidere dei nostri corpi.
Si apre la porta a vetri del reparto. Esce il dottore che ha fatto la
scelta. Ha le spalle curve e gli occhi eroici. Non gliene voglio. Anzi
lo ammiro. Si e' preso il carico, ha fatto quello che pensava giusto,
ha rischiato: credeva nel giuramento di Esculapio, e che non c'e' volonta'
senza la vita. Va dritto, senza darmi confidenza. Lo tallono, lui tira
avanti senza guardarmi, infastidito. Lo blocco, lo tiro per un braccio.
Lui si volta, gli occhi scuri dall'ira e grida: "Vattene. Risparmiami
il tuo Regno". Mi strappa dalla mano 'La torre di guardia' e me la
getta in terra. "Si e' svegliata", gli chiedo, "glielo
avete detto? La prego", gli chiedo, "mi permette di vederla?"
"Che vuoi ancora da lei? Non l'avete tormentata abbastanza con il
vostro fanatismo?"
C'e' qualcosa in me che implora che al risveglio Teresa si sia scordata
tutto, non si ricordi piu' di essere testimone di Geova, sia stata liberata
dal tormento e possa accogliere con languore il sangue estraneo, ma umano.
"E' sola?", faccio, "ha mangiato?"
"Ancora no. Non e' ora. Ha bevuto un po' d'acqua".
"Come sta? Le ha parlato?"
Annuisce. Mi prende per il braccio, dice: "Vieni". Torniamo
indietro insieme verso la porta a vetro. Suona. Mi porta dentro senza
badare agli sguardi malevoli e stupiti di infermieri e inservienti.
La mia amica e' stesa sopra il letto bianco. Mormora parole che non capisco.
Le tremano le mani.
"Non agitarla", mi fa il dottore, "e' stanca". E va
via senza salutarmi.
Mi siedo, lei mi ha visto, mi cerca gli occhi. I suoi sono piu' chiari
di com'erano, slavati. Penso che il martirio della volonta' e' il martirio
peggiore. Ma non ne possiamo piu' di martirio. Ci cerchiamo le mani e
ci stringiamo. E' fredda come lo sono io.
"Ma che sara' mai", faccio la faccia buffa sollevando le spalle,
"E' solo sangue".
Lei mi guarda, strabuzza gli occhi, poi le viene da ridere. Rido anch'io.
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