Si era fermato all'autogrill di Fiano per bersi il settimo caffe'. Doveva
arrivare a Napoli, ma aveva sbagliato e invece di andare dritto sulla
bretella aveva preso a destra verso Roma. Le otto. Ancora due ore e mezza
e poi era a Napoli. Aveva sbagliato l'uscita, cacchio. Sentiva quel dolore
al petto, quasi fosse una tristezza. Ma era proprio un dolore fisico.
Alla cassa aveva pagato con euro di tre paesi diversi. A volte non si
rendeva conto se stava andando da nord a sud o viceversa, allora chiudeva
gli occhi e li strizzava per fare uscire l'immagine della cartina, ripetendo
ad alta voce il nome della citta' di partenza e quella di arrivo. L'immagine
finalmente compariva e gli tornava la sensazione di stare andando o in
discesa (verso sud) o in salita (verso nord), come un trenino
fatto scivolare avanti e indietro su un binario. Poi quel panino con la
salsa tartara. Gli aveva chiuso lo stomaco e gliel'aveva sigillato con
la fiamma ossidrica. Poi il caffe' aveva finito di bruciare tutto.
Debolezza. Il dolore al petto aumentava, non si capiva dove finiva lo
stomaco e dove iniziava il torace. Nausea. Sono solo stanco, ora mi passa.
Basta con questi turni da otto giorni.
Trentatre' anni, un terzo dei quali visti dall'alto di un TIR. Vecchio
di camion. Che fatica le scale per tornare su dai bagni, che fatica arrampicarsi
sul sedile. Musica. Ci vuole musica e passa il dolore. Riparte. Piazzola.
Fermo. Scende, vomita il panino con salsa tartara macchiato di caffe'.
Risale, verso Roma. Controlla il cellulare, e' carico e funziona. Chissa'
perche' questa paura sottile adesso.
Napoli, Napoli, Napoli
. Dov'e' l'uscita per Napoli?
Adesso sente dei dolori alla spalla, a sinistra. Attenzione a prendere
la direzione di Napoli. Le tangenziali sono tutte identiche a parte le
scritte, come le stazioni dei treni. Un brusio unico quando stai viaggiando
e schiaffoni di vento quando sei fermo in corsia d'emergenza e le macchine
ti passano a un millimetro, mentre stai appoggiato al guard-rail e vomiti
ancora.
Hemtrevlig in svedese e' un aggettivo che si puo' tradurre con
"piacevole" e "accogliente", fino a "intimo".
E' composto da "hem", casa, e "trevlig",
piacevole.
E' la casa che dovrebbe significare il piacevole oppure il piacere sta
nel trovarsi a casa? Queste abitazioni dell'IKEA, questi mobili solidi
e rassicuranti, economici ma cool. Il catalogo fa pensare a case
vissute con un gradevole disordine, oggetti buttati un po' in giro e usati
davvero, non messi li' per la foto. Senza patinature da brochure.
Sono furbi. Una certezza ti occupa il cervello, arredandolo: ma questa
potrebbe essere casa mia! Non quella col caminetto che non avro' mai,
ma il mio schifo di appartamento di 36 metri quadri con lo sciacquone
rotto e il muro che si sfoglia. C'e' qualcosa di impiccione in questi
cataloghi che mostrano scarpe da ginnastica sporche e fuori posto, bambini
spettinati e cani scodinzolanti. I nomi degli oggetti sembrano esotici,
cosi' scandinavi, pensi, chissa' che vogliono dire. E invece a volte l'oggetto
e' una cornice e il suo nome e' appunto "cornice", solo che
chi cacchio lo parla lo svedese, oltre a quegli otto milioni di abitanti?
IKEA ha creato un mondo di riferimento col suo linguaggio universale,
l'ha inventato a partire da un supermercato del mobile monta-da-te. Cosi'
internazionale, ma cosi' piccolo-svedese. Furbissimi. Ti dicono: noi si'
che ci capiamo di arredamento, passiamo rintanati nei nostri appartamenti
almeno sei mesi all'anno, sappiamo tutto di quello che e' buono e razionale
per la casa, lo spreco di un metro quadro ci irrita, se una cosa non e'
funzionale ci fa schifo. Fidati. A poco prezzo una razio-casa accogliente
e indolore. Se deve essere fatto che sia fatto bene. Cosi' gli svedesi.
Tutto molto razionale, anche la creativita'.
Sentirsi a casa, stare comodi. E' hemtrevlig. I divani sono per
rincantucciarsi, lasciarsi andare al tepore. Lasciarsi andare. Andare,
abbandonarsi. Casapiacevole, hemtrevlig.
Formicolio alle mani, la testa dentro una cuffia. Adesso mi passa. Tiriamo
giu' il finestrino, lo vedi che va molto meglio? Dove sono adesso, dove,
ah si', Roma, il G.R.A. Per Napoli, devo arrivare a Napoli. "Aurelia"?
no, Aurelia diomio, va a Nizza l'Aurelia, nord, salire. Io devo scendere,
sud. Avanti. Musica, lo vedi che e' piu' facile con una bella canzone?
Vento in faccia contro il dolore al petto, respirare piu' aria. Buffa
sensazione di stare andando contromano, come se procedere fosse spingersi
contro una forza ostile. Confuso dai cartelli, troppo stanco per capire,
impigliato sulle righe tratteggiate della mezzeria. Il piede a spingere
da solo sull'acceleratore.
"Ostia". Dov'e' Napoli? Il dolore al petto fuso nello stomaco
si fa piu' intenso, diventa come un pugno ma allo stesso tempo e' appuntito.
Il G.R.A. e' rotondo, dovunque vada mi portera' alla fine verso Napoli.
Dovrei uscire. Per il centro, andare in ospedale. Ma non parlo la lingua,
non so farmi capire, ho paura a entrare, ho solo bisogno di riposo. Si',
una notte di sonno, sdraiato sul morbido, basta arrivare a Napoli, passa
tutto.
"Appia". Ecco il cartello verde dell'autostrada per Napoli,
mancano solo pochi chilometri. E' difficile guidare su questa tangenziale,
troppe scelte, troppo dolore. L'autostrada e' facile, sali sopra e poi
dritto, due ore e poi finito.
Non ce la faccio piu'. Non respiro.
"Anagnina". IKEA.
Devo fermarmi. IKEA, come quello vicino a casa mia. La mia casa, il mio
piccolo giardino che adesso con la neve sembra grande e morto. Aspetto
l'estate e compro delle sdraio e poi per il compleanno chiamo tutti gli
amici che non vedo mai, voglio che ci siano tutti, anche quelli della
scuola, anche i cugini di Cracovia devono venire, compro una torta grandissima
e spumante renano, mettiamo un po' di bella musica che non l'hanno mai
sentita, da noi non e' arrivata neanche, figurati, mai sentite cose cosi',
meglio del Buddha Bar. Poi Kristof ha quell'impianto di luci stupendo,
voglio che si senta casino fino alla statale, che vedano tutti che non
e' disabitata. Ci abita qualcuno li' dentro, e' casa mia, voglio starci
un po' di piu', compro anche un divano nuovo piu' grande, anzi ce ne metto
due e cerco di stare a casa ogni sabato, faccio feste, voglio una donna
che sta li' cosi' quando torno e apro la porta non c'e' tutto quel silenzio
e finalmente posso iniziare a mangiare bene, cibi sani, cose calde, niente
piu' alcol, solo qualche birretta, non piu' questi bruciori di stomaco.
Appena torno ci vado subito al capannone dell'IKEA. Il blu e il giallo
immensi, tutti quei divani, le poltrone, i letti che si possono provare.
Sdraiarsi sarebbe bello. Non respiro. Il parcheggio e' vuoto, devo spogliarmi,
mi manca l'aria. Adesso il dolore e' una spada. Passera', deve passare,
se mi spoglio respiro meglio. Forse ce la faccio a scendere e andarmi
a sdraiare dietro, mi basta mezz'ora, mezz'ora di riposo e ce la faccio,
riparto per Napoli. Ce la faccio ad aprire il portellone, mi sdraio un
attimo, tranquillo, deve fermarsi il dolore, il sudore. La paura.
Quel camion lasciato li' nel parcheggio, bianco. Davanti al mostro blu
con la scritta gialla. Piccolo dinosauro albino che ha appoggiato la testa
e si e' lasciato andare. Hemtrevlig.